Alaska 1997

Alaska 1997

Maurizio Belli

Partenza Arrivo Mezzo
Marnley Hot Springs
Nome (Mare di Bering)
Sci con slitta
Km percorsi Tempo di percorrenza
1100 km
47 giorni

L’Impresa – Da solo, la prima traversata invernale di gran parte dell’Alaska con sci e slitta al traino, circa 1100 chilometri percorsi da est a ovest fino al Mare di Bering in 47 giorni e in autosufficienza.

Una pagina del mio diario:

L’arrivo a Nome…

Alle 22.30 del giorno 18 aprile ho finalmente raggiunto la cittadina di Nome sul Mare di Bering.

E’ stata una spedizione molto difficile e pericolosa con temperature anche di 35-40 gradi sotto lo zero e forti escursioni termiche.

Il 7 aprile sono arrivato sulla costa della Baia di Norton e poi il mio proseguire è diventato un inferno, dai -32° la temperatura è arrivata a superare i 20° sopra lo zero in appena 48 ore!!

Questi improvvisi rialzi della temperatura potevano essere un segnale inequivocabile: la primavera era arrivata 15-20 giorni in anticipo.

Dopo aver lasciato il fiume Yukon e il villaggio indiano di Kaltag, in una fredda ma bella giornata di sole, sul Kaltag Portage ho attraversato le Nulato Hills fino alla comunità eschimese di Unalakleet. In questo tratto di percorso ho avuto problemi con l’orientamento e la pessima visibilità. Le ripide salite mi costringevano a scaricare la slitta e fare diversi passaggi per portare tutto il materiale in cima con un grande dispendio di energia e tempo. Alla fine del Portage, prima di arrivare sulla costa, ho dovuto marciare per ore e ore sotto la pioggia ancora su interminabili salite e vastissime zone senza neve trainando la slitta sull’erba e pietre.

Per circa 500 km fino a Nome, ho cercato di forzare l’andatura al limite con notevoli difficoltà dovute alle nuove condizioni ambientali caratterizzate dall’imprevisto e pericoloso rialzo delle temperature.

Camminavo sul mare ghiacciato dal calar del sole e nelle ore notturne con lunghe marce forzate spesse volte in compagnia di incubi e allucinazioni. Ore e ore di fatica, senza sonno, con l’unico pensiero di fare più chilometri possibile e la preoccupazione di non arrivare a Nome. Al mattino presto, già mi dovevo portare sulla terraferma e interrompere la marcia per evitare che il mio peso e quello della slitta mi facessero sprofondare nell’acqua perché il sottile strato di ghiaccio sui lastroni galleggianti dell’oceano iniziava a sgelare. I raggi del sole erano oramai molto caldi e dovevo aspettare tutta la giornata, cercando di dormire in tenda fino all’arrivo della sera e attendere così con l’abbassamento della temperatura il riformarsi del ghiaccio sul mare per poi rimettermi nuovamente in marcia.

Incredibile!! Per settimane sempre 20-30-40 gradi sotto lo zero! Centinaia di chilometri percorsi nel letto del fiume Yukon in mezzo a foreste, lande gelide e desolate in compagnia della solitudine e preoccupazione per il tempo che può cambiare in ogni momento, battere i piedi sul ghiaccio per portare un po’ di calore e dormire dentro la slitta.

Ora l’arrivo del caldo e il disgelo così improvvisamente e presto!

In questo ultimo tratto ho forzato l’andatura fino a percorrere anche 80 km in 21 ore, sempre di notte e ultimando la spedizione fino all’arrivo a Nome con 17 ore di marcia consecutiva e 90 chilometri percorsi. Quasi sempre, in queste ultime centinaia di chilometri, ho camminato nelle lagune e sul mare della Baia di Norton. Spesso procedevo nell’acqua fino al ginocchio, sprofondando nell’overflow e nella neve pesante, a volte trascinando la slitta sulle creste e colline della tundra ormai completamente senza neve.

Prima il pericolo dei congelamenti, dei temibili venti dell’Artico, della perdita di orientamento e ora anche gli orsi grizzly che con questo caldo sono usciti dal letargo affamati e con i piccoli.

Son proprio contento di essere arrivato a Nome e di aver concluso così con successo la mia avventura.

In questo viaggio ho dovuto dare tutto me stesso e anche di più. Molte volte ho rischiato, ho avuto paura,ho pianto, ma la buona salute, tutte le mie conoscenze dell’Alaska e anche un po’ di fortuna mi hanno permesso di arrivare con successo alla fine.

Grazie Alaska.