Storia

Riferimenti storici

Durante la fine dell’Ottocento si verificò la Grande Depressione Economica: una prolungata stagione di crisi, la prima ad essere definita tale per dimensioni ed estensione temporale. Nel Trentino, allora Tirolo, e in Italia vi era molta povertà e poche possibilità di trovare lavoro. Fu proprio questa la motivazione principale che diede origine al flusso migratorio transoceanico che caratterizzò tutta la società europea di quell’epoca.

La storia dell’emigrazione trentina e italiana nel Nord America costituisce una corrente minore di questo grande fenomeno ed è di estremo interesse per le difficili condizioni ambientali e climatiche dei luoghi di destinazione.

Basti pensare che i nostri conterranei come mio nonno, Giusto Scaia ed i fratelli Boldrini, originari delle valli Giudicarie in Trentino e l’emiliano Felice Pedroni, fondatore di una delle città più importanti dell’Alaska, si avventuravano in regioni pressoché inesplorate e selvagge, popolate fino ad allora solo da piccole tribù locali, desolate lande semidesertiche con lunghi inverni e temperature che possono raggiungere i settanta gradi sotto lo zero.

Questi temerari pionieri, solitamente già occupati negli Stati Uniti a svolgere le più svariate mansioni, alla notizia del ritrovamento di giacimenti auriferi nel territorio dello Yukon canadese, partirono per il Grande Nord suggestionati dal miraggio dell’oro insieme a decine di migliaia di avventurieri provenienti da ogni parte del mondo.

Tutto iniziò il 16 agosto del 1896 quando due nativi indiani e un californiano risalendo il fiume Klondike scoprirono casualmente dei ricchi filoni auriferi nel Rabbit Creek, il torrente Bonanza, nella valle del fiume Yukon.
La notizia arrivò in America nel luglio del 1897, quando la nave Portland attraccò al porto di Seattle con il suo prezioso carico di 700.000 dollari d’oro e i primi ricchi cercatori. Folle di gente riempivano il molo sperando di sbirciare il prezioso carico. Le notizie sui ritrovamenti d’oro crearono una pubblica eccitazione che i giornali dell’epoca chiamarono la “Febbre del Klondike” e che per mesi occupò le prime pagine.
La mitica “Gold Rush” era iniziata.

Vancouver era il luogo di partenza delle navi che risalivano la costa della British Columbia e portavano la maggior parte degli aspiranti minatori fino a Skagway, in Alaska. Da lì, dopo aver superato il temibile passo di Chilkoot o il più comodo White Pass, navigavano con fragili imbarcazioni sul fiume Yukon fino a raggiungere la meta, Dawson City, la città simbolo della corsa all’oro. Poi, i più temerari cercatori, tra cui i fratelli Boldrini, alla scoperta di nuovi giacimenti auriferi nell’Anvil Creek e nella sabbia sulla spiaggia di Nome, durante l’inverno 1899 –1900 lasciarono in tutta fretta e con ogni mezzo possibile Dawson e il Klondike cercando di raggiungere il Mare di Bering e il nuovo miraggio giallo.
Attraversarono così tutta l’Alaska da est a ovest, una grande avventura, un lungo cammino di oltre 1000 miglia che li rese protagonisti anche della seconda corsa all’oro chiamata “Nome Gold Rush”.